10 luglio 2024 – Palestine Chronicle
Censorship Continues – Meta Restricts Use of Another Word – Palestine Chronicle
Meta ha annunciato martedì che limiterà l’uso del termine “sionisti” quando si riferisce agli israeliani.
L’azienda ha dichiarato in un post del blog che prenderà di mira specificamente i contenuti che attaccano i “sionisti” quando non riguardano chiaramente il movimento politico. La parola “sionista”, secondo Meta, “ha strati di significato basati sulle sue origini e sul suo utilizzo odierno, e può anche dipendere molto dal contesto”. Il post spiega che, secondo Meta, in base alla loro “ricerca, impegno e indagine sulla piattaforma”, il termine è utilizzato come “un termine proxy per gli ebrei e gli israeliani in relazione a certi tipi di attacchi d’odio”.
Il quotidiano britannico The Guardian ha citato il sostenitore dei diritti digitali e imprenditore sociale Nadim Nashif, il quale ha affermato che “Lo shadow-banning è solo uno dei tanti modi in cui abbiamo visto contenuti palestinesi messi a tacere e censurati nell’ultima settimana”. Gli utenti di Instagram hanno accusato la piattaforma di censurare i post che supportano la Palestina, sollevando ulteriori preoccupazioni sulla moderazione dei contenuti. L’aggiornamento della politica arriva presumibilmente dopo consultazioni con 145 stakeholder della società civile e del mondo accademico in tutto il mondo e nel mezzo del genocidio israeliano a Gaza. Il gigante dei social media ha dovuto affrontare critiche di lunga data per la sua gestione dei contenuti relativi alla Palestina.
Queste critiche si sono intensificate dall’inizio della guerra, con gruppi per i diritti umani che accusano Meta di sopprimere contenuti pro-palestinesi su Facebook e Instagram. “Le politiche e i sistemi di moderazione dei contenuti di Meta hanno sempre più messo a tacere le voci a sostegno della Palestina su Instagram e Facebook sulla scia delle ostilità tra le forze israeliane e i gruppi armati palestinesi”, ha affermato Human Rights Watch in un rapporto lo scorso dicembre. “Human Rights Watch ha identificato sei modelli chiave di censura, ciascuno ricorrente in almeno 100 casi”, ha aggiunto il rapporto, elencandoli come “rimozione di contenuti, sospensione o eliminazione di account, incapacità di interagire con i contenuti, incapacità di seguire o taggare account, restrizioni all’uso di funzionalità come Instagram/Facebook Live e ‘shadow banning’, un termine che denota una significativa diminuzione della visibilità dei post, delle storie o dell’account di un individuo senza notifica”.