3 febbraio 2021 | Said Arikat
https://mondoweiss.net/2021/02/for-palestinians-returning-to-the-status-quo-ante-is-not-enough/
L’America deve dimostrare buona volontà nei confronti dei palestinesi per guadagnare la loro fiducia. Per cominciare, l’amministrazione Biden dovrebbe rinnegare “l’affare del secolo” di Trump.

Palestinesi bruciano un poster di Trump e Netanyahu durante una protesta contro l’intenzione degli USA di spostare l’ambasciata a Gerusalemme e riconoscere la città come capitale di Israele. Rafah, Striscia di Gaza, Dicembre 2017 (foto: Ashraf Amra/APA images)
Martedì 26 gennaio 2021 l’amministrazione Biden ha espresso i suoi primi commenti dettagliati sulla sua politica israelo-palestinese in un discorso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite tramite l’emissario degli Stati Uniti Richard Mills.
Il contenuto delle osservazioni non ha sorpreso nessuno che abbia seguito le posizioni del presidente Biden durante la campagna o abbia assistito all’udienza di conferma del Segretario di Stato Tony Blinken.
La campagna di Biden ha chiarito l’estate scorsa che, se eletta, la sua amministrazione manterrà la sua ambasciata a Gerusalemme, ma probabilmente riaprirà il Consolato di Gerusalemme Est che per decenni prima della sua chiusura da parte dell’amministrazione Trump nel 2018 era effettivamente una missione diplomatica americana presso i palestinesi.
La campagna ha anche segnalato la probabile riapertura della Missione Palestinese a Washington se le restrizioni del Congresso saranno superate. La cosa più degna di nota nel discorso di Mills è stata l’indicazione che gli Stati Uniti riprenderanno gli aiuti finanziari all’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e il lavoro per i rifugiati palestinesi (UNRWA), che erano stati eliminati dall’ex presidente Trump nel 2018 come parte del suo impegno a liquidare il problema palestinese.
La ripresa dei finanziamenti statunitensi – il più grande tra tutti i contributori – sarà sicuramente un passo positivo per l’agenzia, già a corto di liquidità e in difficoltà.
Mentre Mills non ha suggerito una ripresa dei negoziati tra le due parti sponsorizzata dagli Stati Uniti, né ha invitato palestinesi e israeliani a tornare al tavolo dei negoziati, ha sottolineato il tentativo di plasmare una situazione migliore “per entrambe le parti” con l’obiettivo finale di preservare la possibilità di un risultato a due stati: un obiettivo che è sempre sempre stato illusorio, ma ora sembra proprio impossibile.
Non sfugge a nessuno il fatto che la dichiarazione di Mills sia avvenuta nel primo anniversario della rivelazione del famigerato “Affare del secolo” di Trump, quando, per usare le parole del grande defunto Robert Fisk, “[i] due vecchi truffatori politici ( Trump e Netanyahu) si sono presentati alla Casa Bianca con la tragicommedia più folle e farsesca della storia, era difficile capire se ridere o piangere “.
Il documento di 80 pagine del “piano di pace” diffuso da Trump è ovviamente volto a liquidare la questione palestinese.
Per eliminare ogni dubbio sul razzismo di Trump, non bisogna dimenticare che in uno dei suoi primi atti da presidente ha emesso un divieto di viaggio ai musulmani che entrano nel Paese. Probabilmente la peggiore espressione del razzismo di Trump è il suo entusiasmo messianico nell’eliminare i diritti del popolo palestinese, legittimare l’occupazione e gli insediamenti di Israele, annullare la città vecchia di Gerusalemme come capitale palestinese e dare il via libera all’annessione di Israele del 30% per cento del Cisgiordania in violazione del diritto internazionale.
Si annulla ogni prospettiva residua, per quanto debole, della tanto discussa Soluzione dei Due Stati.
Gideon Levy, editorialista del quotidiano israeliano Haaretz, era ancora più indignato di Fisk nel descrivere il piano di Trump. E’ “l’ultimo chiodo nella bara di quel cadavere ambulante noto come la soluzione dei due stati“, ha scritto, e ha creato una realtà “in cui il diritto internazionale, le risoluzioni della comunità internazionale e soprattutto le istituzioni internazionali sono prive di significato”.
Il piano di Trump avrebbe eliminato il diritto al ritorno dei profughi palestinesi, lasciando milioni di rifugiati apolidi a languire nei campi e in tutto il Medio Oriente.
Il piano di Trump è entrato a far parte dell’affermazione fraudolenta – promossa da artisti del calibro di Daniel Pipes e Mark Dubowitz della Fondazione che inadeguatamente è chiamata “Per la Difesa delle Democrazie” – che i rifugiati palestinesi non siano più di 50.000 circa. Questa falsità è stata ripetuta senza vergogna dall’ex Segretario di Stato americano Mike Pompeo solo una settimana prima di lasciare il suo incarico. Ciò non sorprende, considerando che il segretario Pompeo meno di due mesi prima aveva infranto tutti gli standard di decenza diplomatica visitando ufficialmente la colonia illegale di Psagot, per brindare alla sua illegittimità con il vino intitolato a suo nome.
In breve, l’ “affare del secolo” non solo sarebbe un dono a Israele di proporzioni monumentali, ma incarnerebbe ogni richiesta israeliana a Washington mai fatta o perfino immaginata. [Il patto] ha effettivamente distrutto ogni sforzo compiuto dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; ogni risoluzione delle Nazioni Unite sul ritiro israeliano; ogni sforzo dell’UE e del Quartetto sul Medio Oriente per produrre una soluzione giusta ed equa al conflitto israelo-palestinese.
Non si fermerebbe qui. Trump, Jared Kushner e Pompeo hanno anche cominciato a corrompere e ricattare i paesi arabi perchè normalizzino le relazioni con Israele. Gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrain hanno normalizzato le relazioni in cambio di armi; Il Sudan lo ha fatto in cambio di un accordo di aiuto per 1 miliardo di dollari di finanziamento annuale della Banca Mondiale e della sua rimozione dalla lista degli Stati Uniti degli stati “sponsor del terrorismo”; il Marocco lo ha fatto in cambio del riconoscimento statunitense della sovranità marocchina sul territorio conteso del Sahara occidentale, un passo contrastato dalla maggioranza dei legislatori del Congresso degli Stati Uniti. Persino l’Indonesia, il più grande paese musulmano della terra, ha affermato Pompeo, era sul punto di riconoscere Israele per una manciata di dollari.
Di sicuro, i palestinesi hanno la loro parte di caos interno, corruzione e disfunzioni politiche. Tra le tante altre cose, devono fare ordine e ripristinare la coesione della loro causa. Ma non devono affrettarsi a conferire gratitudine all’amministrazione Biden o genuflettersi di fronte ad essa per il semplice ritorno a una debole approssimazione dello status quo ante – completo di un riconoscimento da parte dell’amministrazione Biden di Gerusalemme come capitale di Israele.
Piuttosto, l’America deve dimostrare buona volontà nei confronti dei palestinesi per guadagnare la loro fiducia. Per cominciare, l’amministrazione Biden dovrebbe rinnegare l ‘”affare del secolo” e dichiarare nullo esso e tutto ciò che ne è derivato.
Le opinioni in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente quelle del Jerusalem Fund e del Palestine Center.