Trasformare coperte ruvide in vestiti

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12 febbraio 2025    Lina Hamdona 

A Gaza, dove l’inverno afferra tutto con le sue mani dure, il freddo è più di una semplice sensazione. Combatterlo è il fondamento della lotta quotidiana per la sopravvivenza. Le notti fredde, che ci confinano in tende e case fragili che non servono più come rifugi, ci lasciano una sola scelta: affrontarle con ciò che abbiamo o ciò che possiamo creare.

A Khan Younis, nella Striscia di Gaza meridionale, una donna trasforma coperte in vestiti invernali, 30 ottobre 2024. Omar AshtawyAPAimages

Ricordo il giorno di inizio dicembre in cui arrivò un convoglio di aiuti che trasportava nuove coperte. Tutti erano grati per quella che sembrava una piccola ancora di salvezza.

Gli aiuti alleviano il peso e la crudeltà del blocco israeliano e la conseguente scarsità di risorse, ma non colmano mai del tutto il divario tra i nostri bisogni e le risorse disponibili.

Eppure le coperte che ricevevamo erano ruvide al tatto, pesanti sui nostri corpi e causavano un prurito persistente ai circa 35 bambini del campo.

Usarle come coperte sembrava più un tentativo di proteggersi dal raffreddore con una medicina che potrebbe farti ammalare. Mentre alcuni lasciavano le coperte inutilizzate, mia nonna vide un’opportunità, come fa con quasi tutto.

Mia nonna iniziò a trasformare le coperte in qualcosa che non ci saremmo mai aspettati: maglie e pantaloni invernali. Si sedeva vicino alla nostra piccola tenda, si scaldava al sole e faceva il suo lavoro.

Usando ago e filo invece di una macchina da cucire, rimodellava le coperte, foderandone alcune con pezzi di vecchi vestiti estivi. Ogni capo di vestiario che produceva sembrava una storia cucita con amore e pazienza.

La voce si sparge
Con il passare dei giorni, altre donne del campo di al-Azza vicino a Khan Younis notarono mia nonna al lavoro. Alcune le portarono indumenti che sembravano irreparabili, resti di vestiti che erano stati fatti a pezzi dalle schegge. Ma mia nonna trasformava e incorporava quei pezzi in top e pantaloni che davano ai bambini il calore indossabile di cui avevano tanto bisogno.

Il freddo non risparmiava nessuno e i bambini soffrivano di più. Quindi, mia nonna non vedeva quei pezzi di tessuto come inutili resti, ma come materia prima per creare nuova vita.

Ciò che mi stupiva di più era la sua attenzione ai dettagli. Le coperte erano incredibilmente ruvide, ma mia nonna non permetteva che quella ruvidezza danneggiasse la pelle dei bambini. Cercava con cura ritagli di tessuto morbidi, tra cui magliette consumate, e li usava come fodere interne.

“Non lascerò che questo tessuto li ferisca”, diceva mentre finiva di cucire un altro pezzo.

Ma la sua creatività non si fermava lì.

Un legame speciale
Mia nonna voleva aggiungere il suo tocco unico a ogni capo di abbigliamento che creava. Ricamava le iniziali dei bambini su top e pantaloni usando fili colorati, facendo sì che ogni capo sembrasse un regalo personalizzato.

Per i bambini, quelle lettere significavano più di un semplice nome cucito; erano un segno che qualcuno si preoccupava abbastanza da farli sentire speciali. Indossarli mi dava la sensazione di possedere più di un semplice pezzo di stoffa.

Vedere i bambini correre e giocare tra le tende vestiti con quegli abiti colorati ricamati con le loro iniziali mi ha portato una gioia semplice. Mia nonna e le donne intorno a lei hanno trasformato ciò che avrebbe potuto essere una fonte di frustrazione in un raggio di speranza.

Mia nonna non si limitava a confezionare vestiti; ci stava insegnando che la vita non riguarda solo ciò che ci viene dato, ma anche ciò che creiamo con le nostre mani.

A Gaza non abbiamo molto, ma abbiamo abbastanza per creare qualcosa dal nulla. Forse non possiamo cambiare il freddo, ma possiamo sicuramente riscaldare i nostri cuori e quelli delle persone intorno a noi.

Lina Hamdona è una scrittrice e studentessa di farmacia di Gaza.

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