Settantuno settimane della Grande Marcia del Ritorno: il mondo dimentica, ma gli abitanti di Gaza ricordano

25 agosto 2019 | International Solidarity Movement | Gaza, Palestina Occupata

https://palsolidarity.org/2019/08/on-the-71st-week-of-the-great-march-of-return-the-world-forgets-while-gazans-remember/?fbclid=IwAR0xDeGIClGKWuUefufujlzB49Gk1kop7yoeinImkdev09DVYLk187HUpa0

Gazawi scappano dai gas lacrimogeni alla 71a Grande Marcia del Ritorno. Foto: Palestinian Centre for Human Rights

Undici settimane consecutive di proteste a Hong Kong hanno catturato l’attenzione di commentatori online, capi di stato e media globali. In Francia, 39 settimane di proteste da parte del movimento dei giubbotti gialli continuano a suscitare ampio interesse. Negli Stati Uniti, Occupy Wall Street è ora un nome conosciuto a livello internazionale dopo aver occupato il Parco Zuccotti per 9 settimane consecutive.
Venerdì scorso ha segnato la 71a settimana delle proteste della Grande Marcia del Ritorno a Gaza, uno sbalorditivo 1 anno e 4 mesi di manifestazioni settimanali che sono state ampiamente dimenticate nel mondo pieno di amnesie dei titoli di testa e dei social media.
Le proteste sono iniziate per chiedere il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi e la fine del blocco israeliano di 12 anni dell’economia e della società di Gaza. Le proteste di venerdì, intitolate “Proteste per la moschea di al-Aqsa”, hanno avuto luogo ad Abu Safiyah, Gaza City, Bureij, Khan Younis e Rafah. Ancora una volta, per la 71a settimana consecutiva, l’esercito israeliano ha risposto con indebita forza, inondando i manifestanti non violenti con munizioni vive, gas lacrimogeni e proiettili d’acciaio rivestiti di gomma. 149 civili sono rimasti feriti, tra cui 66 bambini e 7 paramedici. 77 manifestanti disarmati sono stati colpiti con proiettili vivi. La settima settimana, intitolata “Venerdì dei giovani palestinesi”, 83 civili sono rimasti feriti, tra cui 24 bambini. 36 civili sono stati colpiti con proiettili vivi. La settimana prima, la 69a settimana erano rimasti feriti 73 civili, tra cui 30 bambini, due giornalisti e un paramedico. Potrei andare avanti.

Un giornalista viene curato dopo aver subito ferite da proiettile. E’ stato colpito da soldati israeliani durante la Grande Marcia del Ritorno. Foto: Palestinian Centre for Human Rights

L’esercito israeliano giustifica le proprie azioni sostenendo di rispondere ai manifestanti che lanciano pietre, Molotov e fanno volare aquiloni e palloncini incendiari.
Dall’inizio delle proteste della Grande Marcia del Ritorno, il 30 marzo 2018, il Centro palestinese per i diritti umani ha documentato 208 morti palestinesi per mano delle forze israeliane, tra cui 44 bambini, 4 paramedici e 2 giornalisti. Altri 13.629 sono stati feriti, di cui 196 che ora soffrono di gravi disabilità che vanno da amputazioni, paralisi, perdita permanente della vista e dell’udito e altre disabilità.

Il bilancio delle vittime e il numero di feriti dopo un anno di proteste nella striscia di Gaza. Immagine: Palestinian Centre for Human Rights

Ci si potrebbe chiedere, alla luce della violenza brutale e degli enormi costi in termini di vite umane, perché gli abitanti di Gaza continuano a protestare ogni venerdì, conoscendo il rischio per la loro salute e la loro vita?
Forse perché gli abitanti di Gaza non possono concedersi il lusso di non protestare, di smettere con le proteste e tornare alle loro “vite quotidiane”. Forse perché mentre noi, nel comfort e nella sicurezza delle nostre case, possiamo scegliere se aprire o meno una notizia sulle proteste a Gaza, i Gazawi devono affrontare una realtà devastante; secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, il 90% dell’acqua di Gaza è imbevibile.
Si prevede che il resto diventerà imbevibile a causa dell’inquinamento e della mancanza di trattamento delle acque reflue entro il 2020, a quel punto Gaza potrebbe diventare “invivibile”. Gli abitanti di Gaza ricevono in media solo 10 ore di elettricità al giorno. La disoccupazione si attesta al 47% (65% tra i giovani). Mentre il 75% degli abitanti di Gaza fa affidamento su aiuti internazionali, principalmente aiuti alimentari, il 35% dei terreni agricoli di Gaza e l’85% delle sue acque di pesca sono inaccessibili a causa delle politiche militari israeliane. Gli ospedali sono massicciamente sottoposti a sovraccarichi di lavoro e mancanze di forniture, con un terzo dei medicinali ritenuti essenziali dalle Nazioni Unite non disponibili. L’85% delle scuole di Gaza gestisce doppi turni, il che significa che gli studenti possono frequentare solo 4 ore di lezione al giorno.

Jamil nel relitto della sua casa anni dopo il massacro di Gaza del 2014

Tutte queste realtà sul campo sono state confermate dai rapporti delle Nazioni Unite, oltre alla risoluzione 1860 (2009) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che chiede la revoca del blocco su Gaza. Tuttavia, finora la comunità internazionale non è riuscita ad agire sulla risoluzione, né a compiere azioni concrete per spingere per la sua applicazione, lasciando agli abitanti di Gaza alcuna scelta se non quella di cercare di richiamare l’attenzione sulla loro situazione in qualsiasi modo possibile, indipendentemente dal costo.
Le vittime dei manifestanti della Grande Marcia del Ritorno dello scorso venerdì non sono riuscite a catturare l’attenzione del mondo. Non è stato riportato in CNN, BBC o Al Jazeera; non ha fatto notizia su Times, Reuters o RT. Forse, se come individui ascoltassimo ciò che gli abitanti di Gaza hanno cercato di dire nelle ultime 71 settimane, la comunità internazionale sarebbe costretta a rispondere. Forse, se le proteste a Gaza suscitassero la stessa attenzione delle proteste nelle nazioni sviluppate, i governi di tutto il mondo se ne accorgerebbero e forse prenderebbero persino provvedimenti.
Forse, se smettessimo di dimenticare la gente di Gaza, non dovrebbero mettere in pericolo i loro corpi e le loro vite per farci ricordare.

 

 

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